Il punto è che quando uno impara a scegliere la propria corazza e a vestirsene nel migliore dei modi, tralascia ciò che c'è sotto fino a non ricordarsene più, nemmeno quando si sforza.
Non sono indistruttibile, ho paura anche io. Solo che non ricordo come si fa a sentire la paura, a sentire la tristezza, a sentire la delusione. Sono triste, sì, ma in modo molto più asettico. Ho paura, sì, ma non come dovrei, non come avrei fatto se fossi stata IO.
Non sono indistruttibile, ho imparato a fingere di esserlo e ora non riesco più a tornare alla mia originaria fragilità ed empatia. Pensavo che ad essa, alla mia fragilità, fosse dovuta la mia malinconia perenne ed inguaribile, ma così non è, corazza o senza, dentro rimane sempre quel doppiofondo bluastro e amaro che non mi lascia mai. Ho pensato anche che fosse dovuta alla mia mancanza d'amore, ma così non è, l'ho incrociato un paio di volte ma aveva sempre un retrogusto amaro e bluastro, quindi ho cercato di evitarlo e purtroppo ci sono riuscita. La razionalità, portata agli estremi, crea dei mostri. Specie poi se è una razionalità costruita e non spontanea.
Ecco cosa sono ora, sono un mostro di razionalità costruita. Ho impiegato mesi per costruirla e ho sprecato solo tempo ed energie, perchè non mi ha portato a nulla. Non mi ha portato a soffrire di meno. Mi ha portato a soffrire perchè non riesco a soffrire realmente, a provare sentimenti veri e profondi, solo effimeri affetti insipidi. Non sono legata a nessuno, sto bene da sola, anzi, ora sola sto anche meglio di come starei in compagnia. Vedere le persone mi pesa. Mi pesa vedere chiunque, indistintamente. La mia amica barman che mi ha cresciuta, la mia amica che studia a Torino, la mia compagna di classe. Sono rami secchi dentro, o per lo meno, dentro di me. Pensavo che questo fosse un sintomo di forza, di indipendenza...ma non lo è. La persona forte, la persona indipendente che pensavo di essere, è tutta una messa in scena creata ad opera d'arte dal mio enorme, insicuro e fragile ego. Non è fingendosi forti che si diventa forti. Non è fingendo di stare bene che si inizia a star bene.
E io ci provo a scrivere, a sfogarmi, a piangere, a creare una qualche sorta di catarsi, ma non ci riesco, non ci riesco, non ci riesco perchè mi sono svuotata dentro. Dentro sono vuota e grigia, ma con un sottofondo bluastro. Dentro non sono più io. Mi guardo allo specchio e non mi riconosco, non vedo gli occhi verdi che vedevo un tempo. Vedo chiaramente difetti che prima non vedevo, dico di fregarmene ma invece li copro con il fondotinta, la cipria e il correttore. Dico che non mi importa, nel silenzio della stanza lo ripeto ad alta voce nella mia mente, dico che non fa niente, che non è importante, che sto benissimo e non ho bisogno di niente, di nessuno. Lo urlo così forte, in silenzio, che finisco col crederci anche io. Dico che così è meglio, dico, urlo, che essere impermeabile alla gente è un punto di forza, e ci credo fermamente, ma so che non è vero.
Non riesco a dare il mio meglio, ad impegnarmi, a credere in quello che faccio. Sono impermeabile a tutto ormai. Alle persone, alle cose, agli obiettivi, agli impegni, agli interessi. Forse solo qualche canzone, ogni tanto, riesce a lenire tutto questo, ma non è sempre così. E io sto male ancora, sto male dentro, peggio di prima, ancora più in profondità.
Mamma, papà, scusatemi. Non volevo arrivare a questo punto. Pensavo fosse la strada migliore ma così non è. Valgo quanto una brutta corazza vuota e deleteria. Quanto valgo io? Cosa sono io? Un piccolo guscio. Pensavo di essere di un bel nero intenso. Ma sono grigia, grigia e informe.

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