Un rifugio, una foto, qualche ricordo e mille macerie.


Succede che una sera di queste, di ritorno da un concertino live in acustico, capisci che la felicità e la tristezza non sono due poli contrapposti, due lati distinti di una stessa medaglia, ma possono, talvolta, miscelarsi e dar vita a sfumature proprie, ibride.
Succede che una sera come queste ti senti il cuore triste, pesante e leggero, e allora scrivi, perchè scrivere è il tuo rifugio, il tuo nido, è una madre affettuosa, la carezza di un padre apprensivo, e scrivi, perchè l'arte non nasce mai dalla felicità, e uno si rintana nel suo nido solo quando fa freddo, o piove, o c'è troppo caldo e troppo sole.
E scrivo, perchè so chi sono eppure non mi riconosco più. Scrivo per dare voce alla donna bambina chiusa dentro la scatola di pensieri che nascondo in un cassetto dentro al cuore.
Scrivo di un dolore che non passa, che rimane, di un velo di malinconia sottile che resta a coprire il più raggiante dei sorrisi. Scrivo, perchè senza questo non saprei dove andare.
Scrivo di un amore che ormai manca, di un pilastro che si sgretola, che crolla come un castello di sabbia, di ricordi mai vissuti, di certezze mancate.
Scrivo perchè in una sera come queste succede che la mente razionale di una donna si zittisce di fronte ai capricci e alle necessità della bambina all'interno di essa.
Un amore che finisce è una casa distrutta e quella bambina è lì che piange sotto alle macerie.
E nessuno la sente.


Cosa fai quando casa tua è distrutta?
Ho sempre pensato di essere un cuore nomade, una di quelle persone che non riesce a stare più di cinque minuti nello stesso posto, una di quelle persone che una casa non ce l'hanno e non la vogliono, non ne hanno bisogno, perchè hanno gambe e cuore per andare ovunque. Probabilmente da qualche parte dentro di me sono ancora così, da qualche parte ho ancora fame di avventura, di viaggi, di scoperta.
Oggi però ho rivisto una vecchia foto di famiglia, in bianco e nero. Era la comunione di mio fratello, e c'eravamo tutti e quattro. L'hashtag recita "happy family". Oggi ho capito di essere ancora una bambina, di aver bisogno ancora di un punto di riferimento, di un trampolino di lancio, ho bisogno di credere in qualcosa, perchè ciò in cui ho creduto fino ad ora è una menzogna.
La bambina capricciosa ora urla, batte i piedi sul pavimento, rivuole indietro i suoi affetti, le sue certezze, rivuole mamma e papà. Ma la donna che la contiene tace e sorride con fare beffardo, perchè sa che ora non c'è più una mamma, nè un papà. Non c'è più una casa, non c'è più certezza, non c'è più forza, non c'è più amore. C'è solo qualcuno da incolpare, qualcuno che le ripulisca la coscienza, che si addossi ogni responsabilità, qualcuno da odiare per averla spodestata dal suo angolo nel mondo.
Quando un amore finisce, ne rimangono solo le ceneri. E quando è così, non rimane che lasciarti tutto alle spalle, guardare avanti e camminare. Con più consapevolezza, con più tristezza. In fin dei conti, crescere implica anche questo, implica il fare i conti con le delusioni, con le difficoltà, con i tradimenti, con le menzogne, con le non-certezze. Ed è bellissimo, per quanto tremendamente doloroso e complesso.


E allora così sia, andrò avanti da sola, brancolando nel buio, cercando di mantenere sempre vividi i ricordi felici, e mi reinventerò partendo da questo, da questo dolore, da queste mancanze. Andrò avanti da sola, portando nel cuore le macerie di una casa distrutta, le ceneri di un amore finito, come una foto in bianco e nero piegata in quattro e riposta nel portafogli.
Sempre, dentro ad ogni passo.
Sempre, al varcare di ogni soglia, di ogni meta. Qualunque essa sia.



Commenti

Post popolari in questo blog

Spegniti prima che puoi

La foglia d'alloro

Lunghi mesi di assenza, nuovi post e altri guai.